Oggi l'attività molitoria tradizionale è quasi del tutto scomparsa, almeno da due generazioni. In Toscana, a causa dell'irregolare regime dei corsi d'acqua con magre estive, era più diffuso il mulino idraulico orizzontale. La spinta dell'acqua sulle pale dentate, di legno o ferro, determinava un moto che veniva trasmesso a un asse, anch'esso di legno o di ferro, il "ritrecine", che a sua volta faceva girare la macina superiore in un rapporto di giri di 1 a 1, mentre la macina inferiore restava ferma.
Questo tipo di mulino si trova, ad esempio a Falciano.
L'acqua corrente veniva convogliata in un "bottaccio", una profonda vasca, in modo da creare un minimo di riserva, e fatta poi scendere, in un canale a forte pendenza, verso il "carcerario" dove era collocato il "ritrecine". Questo locale era a forma di semibotte, con la volta in pietra o mattoni, una stretta bocca per l'ingresso dell'acqua e un'ampia apertura di uscita. Il mugnaio poteva regolare a piacere l'intensità del getto d'acqua, e di conseguenza la velocità dei giri, così come la distanza fra le macine per ottenere prodotti diversi, granturco, grano, castagne, così da far assumere al suo lavoro carattere di arte.
I cereali venivano frantumati e polverizzati e la farina prodotta, per forza centrifuga, scendeva, attraverso scanalature, verso il bordo del sistema macinante dove veniva convogliata in un cassone e raccolta in sacchi. L'attrezzatura di un mulino era completata da una "stadera" per la pesatura, dagli "stai" per vagliare la farina e, ovviamente, da sacchi e "corbelli".
Per essere macinate, le castagne devono essere seccate e sbucciate. Ciò richiedeva un certo tempo, non meno di un mese. Le castagne venivano fatte seccare nel seccatoio, uno spazio appositamente creato, adiacente alla casa del contadino o isolato nel luogo di raccolta dei frutti. Lo spazio interno era diviso da un soppalco di legno o mattoni , su cui si disponevano le castagne, fino ad uno spessore di circa 70 cm. Nella parte inferiore si accendeva il fuoco, che doveva essere alimentato senza interruzione. Una volta seccate al calore e al fumo, le castagne venivano sgusciate. Si ponevano in un sacco o in una bigoncia e si battevano energicamente, fino a triturarne i gusci ormai secchi, i cui frammenti venivano usati per attizzare il fuoco.
Quando le castagne erano veramente il pane dei poveri e costituivano la base dell'alimentazione della gente di montagna, anche i mulini che le macinavano erano numerosi.
Oggi il prodotto è ricercato soprattutto all'inizio dell'inverno, poi il suo commercio subisce una interruzione. Al mugnaio che macina le castagne è tuttora pagata la molenda in natura, cioè un quantitativo di farina per ogni quintale di macinato, più una quantità per la farina che si perde nella lavorazione.
Con la farina dolce si possono fare ottimi seppur rustici dolci: il baldino o castagnaccio, una torta bassa di farina dolce profumata di rosmarino, arricchita se si vuole da noci, e condita con olio d'oliva, le frittelle, la polenta dolce.
A Falciano sulle pendici dell’Alpe di Catenaia sono ancora funzionanti 2 dei quattro mulini ad acqua orizzontali di proprietà delle famiglie Mattesini Marino figlio di Girardo aveva ricevuto in eredità il primo, quello più vicino alla strada che conduceva all’Alpe, mentre l’Angiola, moglie di Alfonso Mattesini, cugino di Girardo, seguiva gli altri tre posizionati in caduta uno dopo l’altro.
Come si giunge a Falciano:
da Subbiano proseguendo a nord per il Casentino, sulla SS.71 a poche centinaia di metri c'è la deviazione per Falciano, si lascia la strada SS.71 per proseguire per la strada provinciale 57.